sabato 22 novembre 2008

Ciao Sandro, cronista del futuro


L'oro blu 

è il destino 

del mondo

Di Pino Finocchiaro

“La giornata mondiale dell'acqua promossa dalla Fao che si celebra il 22 marzo qui a Roma è un’occasione da cogliere al volo e da trasformare in evento”.
Sandro Curzi, dopo aver proposto di mandare in prima serata il documentario da Oscar di Al Gore, ora chiede che la Rai si occupi della Giornata mondiale dell’acqua indetta della Fao. Evento culminante dopo decine di consessi celebrati nel mondo in questi mesi per affrontare il fatto che un numero sempre maggiore di uomini, donne e bambini non ha accesso all’acqua potabile. E l’acqua in molti paesi del terzo mondo non basta più per le coltivazioni.

Sandro Curzi, ex direttore di Telekabul, sempre più impegnato nel tentativo di portare temi sociali in prima serata, incalza: “In Italia, forse sfugge l'importanza della difesa di questo bene di tutti, di questo patrimonio di noi uomini che viviamo su questo pianeta. Se non stiamo attenti, tra poco ci bruciamo la possibilità di avere quella che abbiamo qui in questa fetta di mondo e vitale in tutte le altre parti del mondo dove già questa assenza si è fatta terribile. L'acqua. La difesa dell'acqua è il tema principale da porre all'ordine del giorno. Insieme ad una questione più generale, quella del pianeta, di che fine facciamo”.

E le notizie non sono rassicuranti.
”Tutti i dati che ci vengono portati a conoscenza da grandi scienziati. Penso ai dati che giungono dalla spedizione in Groenlandia con dati molto esatti, molto precisi. Sul deperimento del nostro ambiente. Sulla possibilità di un disastro ecologico di dimensioni epocali per il nostro pianeta. Non più come pensavamo sino a qualche anno fa, in duecento, trecento anni, e tutti in modo irresponsabile, alzavamo le spalle. Si parla di dieci, venti, trenta, cinquant'anni per cose terribili come l'inondazione di una parte del nostro territorio. Mi sono permesso di dire, pochi giorni fa, dopo aver visto il documentario di Gore, che poi ha ottenuto l'Oscar. "Come. Noi come Rai non facciamo niente? Accade tutto questo e noi?

E noi?
“Ecco. Sto in ufficio. Tengo accesi tutti i televisori sui canali Rai e di Mediaset. Guardo. E' un'ora importante del pomeriggio. Non c'è un'idea in questa direzione. Tutti parlano di cose strane, di cose frivole. Allora, la giornata mondiale dell'acqua, può essere utilizzata affinché il problema dell'acqua ma quello più generale della sopravvivenza del pianeta, possa essere messo all'ordine del giorno delle nostre televisioni. Basta un canale. Uno. Uno solo. Ne abbiamo tre. Uno che dedichi spazio a questi temi. Con le trasmissioni in prima serata se si riuscisse ad ottenere già l'acquisto del film di Gore. Almeno riusciremmo a fare una cosa bella. Importante. Non so quale sarà l'ascolto. L'importante è provare”.

La giornata dell’acqua andrà in consiglio d’amministrazione Rai?
”Proverò a portare questa proposta in consiglio. Ci proverò. Anche riflettendo su un'esperienza che ho avuto con il programma di Gad Lerner dedicato al cancro. Era una serata terribile. Eravamo lì con Pier Luigi Celli a chiederci che risultati poteva ottenere una trasmissione con un tema così difficile mentre in Rai andava in onda il festival. Eppure ha fatto buoni ascolti. Un sacco di gente si è interessata al tema. Il che significa che anche nelle giornate più importanti c'è spazio anche per le altre cose”.

Quindi anche per i temi del lavoro, delle morti bianche, i genocidi, le migrazioni epocali che non riescono a farsi spazio nel palinsesto di prima serata? Abitualmente oscurati.
"Certamente. Intanto. Mi auguro che uno dei canali generalisti si apra a questa giornata evento del 22 marzo".

mercoledì 19 novembre 2008

Zavoli, televisione e guerra


''Media e terrorismo:

non basta dire no''


Dal nostro inviato, Pino Finocchiaro

"Contro il ricatto mediatico del terrorismo e le letture di comodo della guerra da parte dei media l'indignazione non basta. Non basta dire no. Occorrono azioni coerenti anche da parte delle istituzioni. Diversamente andremmo incontro ad una sorta di assuefazione. Il pericolo è la cecità civile e la sordità morale".Sergio Zavoli parla così a Catania. Lo incontriamo in riva al mare, in vista del mitico porticciolo di Ognina. E' intervenuto alla presentazione del libro intervista di Mauro Mazza a Biagio Agnes "Tv, moglie, amante, compagna" edito dalla Eri.

In un clima afoso e impettito l'intervento di Zavoli è apparso come una cascata d'acqua fresca. Una garbata lezione d'antico mestiere per ognuno di noi, piccoli cronisti, tanto provinciali. Zavoli rifugge dalle classificazioni estetiche dal bello al brutto e parla del buono, giudicando "utile" a comprendere la Tv italiana, la Rai in particolare, questo volumetto ricco di nomi e di anedottica.

Zavoli sfugge dal circuito inanellato della critica formale e tocca il cuore del problema: le ragioni del fare tv e tv pubblica in particolare. Parla del suo amore per la tv in questo ch'è tempo di guerra. Sfugge alle categorie della politica. Rivendica davanti al cattolicissimo Agnes il diritto laico a sottolineare l'autorità morale del Papa che condanna parimenti guerra e terrorismo e incita l'umanità alla pace e alla giustizia.

Cerca ancora lo sguardo del cattolico Agnes quando parla del "nostro sociologo" motteggia un attimo di pausa deludendo in una frazione di secondo popperiani e mertoniani per citare Mc Luhan e le sue lezioni, scritte ormai a metà del secolo scorso, sulla potenza del mezzo mediatico.

Non si sperde tra i corridoi di viale Mazzini a rincorrere nomi vecchi e nuovi. Zavoli corre su campi freschi e cieli tersi che spazzano via persino l'afa settembrina che attanaglia la Sicilia. Parla delle due Simone come amiche da difendere. Parla dei bimbi che muoiono di fame come figli d'ognuno di noi che tutti noi abbiamo abbandonato tra le spire della carestia.

Invoca "normalità" e ne sottolinea con Aragon il valore poetico. Conclude con un appello alle "coscienze", spiriti giusti d'ogni colore, affinché si riuniscano attorno alle "idee".

Dopo, in disparte, abbiamo scambiato quattro chiacchiere tra cronisti. Chiamatela intervista, se volete.

Televisione e guerra. Quale il primo risultato evidente?

Siamo stati trascinati in una guerra che non aveva motivo di essere dichiarata in quei termini e sulla base di quelle premesse rivelatesi infondate. La nostra presenza in Iraq ha dato la testimonianza dell'attitudine degli italiani ad essere presenti là dove c'è bisogno di qualcuno che si prodighi nelle situazioni difficili. Questo però non giustifica il fatto che si debba compiacere chi ha voluto con una guerra come questa ridurre l'umanità a dovere concepire un salto di civiltà epocale, al punto da dovere pensare che questa guerra genererà soltanto altre guerre. Che la pace non riuscirà così presto e così efficamente a trovare la strada per affermarsi.

Le due Simone, i tanti bimbi, le tante vittime innocenti della guerra sono un po' le vittime di questa guerra mediatica?

Non c'è il minimo dubbio. Il ricatto che viene consumato attraverso questi sequestri si fonda essenzialmente sull'efficacia dello strumento che viene usato per rendere efficace il ricatto, cioè sullo strumento mediatico che va a raggiungere le grandi masse. Le quali per salvare la vita di una persona sono pronte a entrare in campo a dire la propria opinione a manifestare le proprie idee. La cosa grave è che spesso non si faccia altrettanto da parte delle istituzioni le quali mi sembrano piegate alla logica di una guerra che è stata decisa altrove, senza di noi, soltanto con dello zelo che doveva significare che l'Italia era pronta a dare una mano a chi, francamente, andava là soltanto per tutelare e salvaguardare i propri interessi.

Quali responsabilità ha la comunicazione mondiale rispetto al diffondersi della povertà e della fame nel mondo?

Ci sono cinquantamila bambini che muoiono ogni giorno di fame nel sud della Terra. Penso che se gli strumenti di comunicazione d'ogni parte del mondo si mobilitassero per denunciare uno scandalo di questa natura e di queste proporzioni, credo che qualche risultato si otterrebbe. Il pericolo è la cecità civile e la sordità morale. Per cui le cose rimangono come sono e si trascinano perché nessuno è disposto a gridare un basta risolutivo che implichi, però, un atteggiamento politico. Non soltanto si risolva in una invettiva tanto per dire no, non mi piace, non mi interessa, è una vergogna. Non basta. Bisogna battersi perché le cose cambino.
Qui, in Sicilia, nelle ultime 24 ore sono arrivate mille persone, mille migranti in fuga su fragili barche. Uno sbarco continuo.Penso che bisogna predisporre le condizioni perché chi arriva debba trovare l'accoglienza che va riservata a un uomo e non a un emigrante disperato che non sa quale destino incontrerà.

Non crede che qualcuno stia usando i cannoni mediatici dopo avere auspicato vere cannonate su queste barchette?

Non a caso. Non a caso, la pronuncia di chi vorrebbe usare le cannonate contro le carrette del mare viene affidata alle cannonate mediatiche, come le chiama lei, è l'unico strumento che possa in qualche modo colpire efficacemente la fantasia della gente. Solo che l'opinione pubblica deve risominciare ad avere il proprio ruolo. La mia paura è che così andando le cose, finisca il ruolo dell'opinione pubblica. Ad esempio, questo continuo delegare all'opinionista - a quello, cioè, sempre pronto a pensare per conto terzi - qual è il giudizio da dare sulle cose... so di esagerare epicamente... ma credo che potrebbe implicare domani il rischio di vedere un'opinione pubblica che non è più disposta ad esistere, ad essere se stessa, a dire chi è e che cosa vuole.