lunedì 9 febbraio 2009

Felice Casson, giudice scomodo schedato dai Servizi

Un attacco alla verità

di 

Un attacco alla veritàdi Pino Finocchiaro

Senatore Felice Casson. Dopo anni trascorsi a indagare sui servizi segreti deviati, si ritrova nell’elenco dei giudici schedati e seguiti dai servizi… non deviati.

“Due cose innanzitutto. La Cosa non mi sorprende assolutamente perché ero abituato ad essere controllato anche prima. Tant’è vero che alcuni anni fa, in occasione di una mia relazione fatta a Madrid sui servizi segreti  a livello europeo – avevano partecipato, ricordo, relatori dalla Gran Bretagna, dalla Spagna, Otelo de Carvalho, leader della rivoluzione dei garofani in Portogallo – la mia relazione è finita in sintesi agli atti del Sismi ed è stata trovata durante una perquisizione. Si figuri che controllo c’era…”

- Un controllo… meticoloso…

“Era il tempo di Gladio. Immaginarsi. Addirittura, qualcuno era stato cacciato via per non aver trovato nulla su di me. Lo davo per scontato. Quando si fanno certe indagini da Palermo, a Milano, Venezia, credo che sia scontato che ci siano questi interessi illeciti da parte dei servizi segreti. Prima cosa.

“Seconda cosa. Quel che viene fuori, in maniera più grave, è che non si trattava di una parte deviata ma di un’attività che il Sismi riteneva istituzionale. Qui ripropongo il vecchio dilemma che ho sempre detto: i servizi deviati non sono mai esistiti ma quando hanno deviato nelle indagini sulle stragi lo hanno fatto perché erano istituzionalmente fatti per lavorare così. Quindi, non solo adesso. Anche quando depistavano per le stragi”.

- Emerge che persino i vostri colleghi stranieri venissero sorvegliati…

“Non mi sorprende. Perché se mi controllano a Madrid. Se vanno a Madrid i nostri. Vuol dire che loro sono interessati a questi rapporti internazionali a questi scambi di opinioni o di relazioni in materie sensibili. Viene alla luce un dato che in minima parte conoscevo anche prima ma che davo per scontato in maniera molto ampia. I servizi, dall’epoca del Sifar ai successivi, si sono comportati sempre alla stessa maniera. Sono stati forse più cauti, più attenti. Ma hanno lavorato ritenendo di poter fare sempre quello che volevano. Il problema è che il potere politico non ha mai avuto il coraggio né la forza di riformare seriamente questi servizi cosiddetti di sicurezza”.

- Il dubbio è che lavorino più a favore di un governo, di una parte politica che non dello Stato.

“Non solo. Forse è anche peggio. Nel senso che non è a favore di un governo ma a favore di una parte che può essere al governo, può non esserlo. E quindi di costituire, comunque far parte di una sorta di potere che si ritiene autonomo e indipendente rispetto agli organi costituzionalmente preposti”.

- E’ una sorta di golpe istituzionale. Un golpe freddo.

“ Non uso la parola  golpe perché richiama qualcosa di violento. Direi che all’interno delle istituzioni queste gravissime forme di deviazioni, soprattutto da parte del servizio segreto militare ci sono sempre state”.

- Cosa si può fare? Sia sul piano normativo che del controllo sociale?

“E’ in discussione al Senato la legge di riforma sui servizi segreti. Arrivata dalla Camera dei deputati. Giovedì, fatalità,  la commissione Giustizia ha redatto un proprio parere su questa riforma proponendo delle modifiche. Vengono toccati punti molto delicati su questa riforma dei servizi segreti. Innanzitutto, per quel che riguarda il segreto di Stato, la gestione di questo segreto di Stato. Le garanzie funzionali per gli appartenenti ai servizi e il reclutamento. Bisogna incidere fortemente sul settore reclutamento, sulla formazione di queste persone e quindi su tutta la gestione del personale”.

- Parlando con i pm di Marsala che indagavano sulla strage  di Ustica mi sentii dire che non era mai stato opposto il segreto di Stato. C’è un segreto di fatto ancora più inviolabile?

“Sì. Infatti. Non è necessario che venga opposto. I segreti per risolvere a suo tempo la strage di Bologna, o di Peteano, o di Ustica, non li troviamo in un cassetto. Perché formalmente non esiste un documento dove si possa trovar scritto chi ha usato l’esplosivo, chi ha preparato l’ordigno, chi l’ha portato di qua, chi l’ha portato di là. Il problema è inverso. Il problema è la gestione delle informazioni, delle notizie, dei contatti che si hanno a livello, visto che qui parliamo di stragi, di eversione interna o internazionale”.

- Quindi non è un segreto di Stato, quello di cui stiamo parlando, ma una vera e propria menzogna. Una disinformatia istituzionale.

“Sì. Diciamo che non è soltanto un problema di segreto di Stato. In certe situazioni lo è stato e lo è ancora. Basti pensare al caso Abu Omar o al caso Sgrena-Calipari. E’ assurdo che questo governo si comporti peggio del governo precedente opponendo il segreto di Stato in modo che ritengo assolutamente 
illecito. Vi sono altre situazioni più gravi, di coinvolgimento anche diretto e più profondo dei servizi in cui non vi è il problema di opporre il segreto. Come per piazza Fontana o la strage di Bologna. Può essere opposto su questioni singole. Il problema è più ampio. Più complessivo. Sul comportamento di questi uomini”.

- Nella sua veste di senatore, di esponente di questa maggioranza. Che effetto le fa sapere che gli uomini che indagavano su di lei, parliamo degli ultimi anni, siedono ancora in sedi istituzionali come il ministero della Difesa o palazzo Chigi?

“Questo è gravissimo. Come ho avuto modo di affermare al Senato, in commissione Giustizia. E’ gravissimo. Come è grave il comportamento del governo Prodi sul caso di Abu Omar e Sgrena-Calipari. Credo che ci voglia veramente un ripensamento e una modifica profonda all’interno degli apparati.

“Perché, ripeto e dico, ci sono delle persone all’interno del centrosinistra che hanno paura di qualche cosa. Noi vorremmo sapere di chi hanno paura e di che cosa. Siccome non c’è trasparenza, rimangono questi punti di domanda molto forti e molto pericolosi per le istituzioni”.

- Quindi, il rimedio principale contro questo tipo di inchieste è la sobrietà personale. Insomma, rimanere al di fuori e al di là da ogni tipo di accusa.

“Certo. Il punto è la trasparenza. Di non avere avuto e di non avere problemi. Di non avere nessun tipo di scheletro o scheletrino nell’armadio. Di non potere essere ricattati in nessuna maniera. Credo che non sia un caso che il Sismi avesse steso una rete così diffusa di controlli proprio per cercare di avere notizie da utilizzare in maniera diretta o indiretta. Questo è pericolosissimo. Perché dove non ricevevano notizie vere se le inventavano, creando il sistema delle veline”.

- Tra le persone “monitorate” dalla centrale spionististica di via Nazionale vi erano diversi giornalisti o anche parlamentari che in passato erano stati giornalisti o scrittori. Fa tanta paura la verità in Italia?

“Non è assolutamente un caso. Io definisco il potere giudiziario e il potere dei giornalisti come due colonne di un sistema democratico moderno. Perché sono dei sistemi di controllo, sia sulla politica, sia sulle istituzioni. I giornalisti anche sulla magistratura. Se vengono minate le basi di queste due colonne, vengono minate le basi stesse della democrazia. Quindi, controllare queste due colonne, vuol dire controllare tutto il sistema politico istituzionale”.

- Gli ultimi provvedimenti, incluso il disegno di legge Mastella, non sono a favore dei giornalisti.

“Stiamo affrontando la questione in commissione Giustizia al Senato. Sono relatore di questo disegno di legge. Ho individuato nella mia relazione almeno otto punti critici che vanno verificati. C’è una convergenza, almeno nel centrosinistra, della commissione Giustizia, per una modifica dell’impostazione propria di questo disegno di legge Mastella, sulle intercettazioni e sulla pubblicazione delle notizie. Ci saranno sicuramente emendamenti e delle modifiche in materia. Questo disegno di legge Mastella soffre di strabismo istituzionale. Nel senso che vorrebbe andare a colpire maggiormente l’ultimo anello della catena. Senza rendersi conto o, forse, senza dare tanta importanza al fatto che per quanto tu metta una sanzione più grave e nei confronti del giornalista non eliminerai il rischio della fuga di notizie, se non intervieni sulle fasi precedenti che sono quelle della polizia giudiziaria e della magistratura”.

- Il ddl Mastella si propone di impedire l’accesso ai giornalisti persino alle notizie già note all’imputato. Questo nulla ha che vedere con la riservatezza delle indagini.

“Questo è assurdo. L’ho criticato molto duramente. Come tutti quelli del centrosinistra che hanno fatto una critica dura su questo punto. Sicuramente su questo punto ci saranno degli emendamenti. Perché è assurdo che le intercettazioni anche quando sono già a conoscenza del difensore e dell’indagato magari arrestato, non sono più per definizione coperte da regime di segretezza, non possano essere pubblicate sui giornali. Varrebbe a creare dei privilegi inaccettabili in un sistema democratico come il nostro. Basti pensare alle conseguenze di fatto. Di tante indagini delicatissime in materia di corruzione, crack Parmalat e Cirio, o anche di terrorismo non sapremmo assolutamente niente per anni e anni. Pensiamo ad un’altra vicenda per altri versi differente  come Calciopoli, non sapremmo nulla a tuttora. Perché le indagini sono molto lunghe, l’udienza preliminare è lunga lo stesso, per anni silenzio assoluto. Se un giornalista scrive, viene punito. Credo che non sia accettabile”.

- Il rischio di punizione vale anche per i giudici con questa prima scrittura della separazione delle funzioni fra le carriere di giudicante e pubblico ministero.

“Noi avevamo trovato un intelligente equilibrio istituzionale tra le richieste di separare completamente vite e professioni dei pubblici ministeri rispetto ai magistrati della giudicante e quelle di chi voleva lasciare le cose così come stavano.

“Credo che una forma di separazione delle funzioni sia istituzionalmente corretta, anzi doverosa, bisogna trovare l’equilibrio giusto. A mio parere la commissione Giustizia aveva trovato un sistema equilibrato che potrebbe risolvere i problemi e lo sconcerto determinati nell'opinione pubblica da certi provvedimenti del passato.. Ovviamente, i magistrati resistono. Credo ci sia un po’ troppo corporativismo su questa cosa all’interno della magistratura”.

- Oltretutto, ci sono dei tempi da rispettare. Se non si trova un accordo entro la fine di luglio c’è il rischio che entri in vigore la legge Castelli.

“Nella foga corporativa dei magistrati, qualcuno non se ne rende conto, ci stiamo avvicinando molto rapidamente al 31 luglio e si rischia di far entrare in vigore quella che abbiamo chiamato Controriforma Castelli, perché va contro l’impostazione costituzionale del nostro ordinamento”.

- Quindi, bisogna trovare assolutamente un accordo entro quella data.

“Assolutamente sì. In Senato ci attende una settimana calda. Vedremo a che punto verrà trovato un equilibrio in aula. In questo momento non sono in grado di dare nulla per scontato”.

- Un altro dei punti critici di questo disegno di legge riguardava l’accesso alle funzioni direttive e la loro durata…

“Credo che sia stato superato. Non c’è contestazione da parte della magistratura. Abbiamo creato e stabilizzato il meccanismo di temporaneità degli incarichi. Il sistema di valutazione  del magistrato è demandato comunque al Consiglio superiore della Magistratura. Sono inserite delle norme che impongono al magistrato un aggiornamento professionale costante nel corso della sua carriera. Con dei passaggi, delle valutazioni periodiche. Credo che sia un segno di serietà. Se i magistrati contestano anche questo vuol dire che non si rendono conto quanto sia necessario un clima di serietà… che riguarda tutti quanti. Non mi sembrano assolutamente eccessive queste norme… impongono una maggiore professionalità”.

pinofinocchiaro@iol.it


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